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Il teatro "chiavi in mano" per la tua scuola.

14/12/2022

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Con diversi livelli di allestimento (tessuto ignifugo base, tessuto professionale per teatro, raso fonoassorbente, tessuto teatrale, velluto...) e diversi livelli di dotazione (palco, scatola scenica e sipario, luci, schermo da proiezione, audio ecc.) tutti a norma e finanziabili tramite PON o altri strumenti di finanziamento, Operapulia Soc. Coop. allestisce teatri didattici e inclusivi all'interno di scuole di ogni ordine e grado.
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tessuti per alberghi, b&B ed hotel

27/2/2019

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con sempre maggiore attenzione la nostra cooperativa ha selezionato tendaggi e tessuti adatti per boutique hotel, abitazioni di lusso, alberghi ed hotel, palazzi storici, strutture ricettive piccole e grandi. La nostra offerta comprende tessili ignifughi e non, tessuti naturali altamente performanti, lini, cotoni, tessuti stampati ed una serie di tessuti per tappezzerie veramente eccezionale. 
Anche con piccole quantità, inoltre, la nostra azienda è in grado di produrre tessuti con colore su misura. 
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Ars Metallica - l'arte della moneta nelle ex officine della zecca di stato.

7/1/2019

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il marchio ITALTEATRIOPERA ha partecipato con i propri prodotti tessili e scenografici, nonché con degli oscuranti momentanei, all'allestimento della mostra culturale "Ars Metallica", che è in corso presso lo storico Palazzo della Zecca di Stato, in via Principe Umberto 4, a Roma. La mostra, a cura della Direttrice, Rosa Maria Villani, è stata curata nell'allestimento dall'Architetto Luca Ruzza ed è stata concepita, in occasione dei centodieci anni di attività della Scuola d’Arte della Medaglia presso l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, per ripercorre la storia della moneta italiana. Con Ars Metallica si apre per la prima volta al pubblico la struttura delle ex officine della Zecca all’Esquilino. Una mostra nella mostra, con il suo apparato d'archeologia industriale. La mostra, che si snoda in sei itinerari culturali e multimediali, ed offre un percorso espositivo ricco di interessanti informazioni sulla fusione d’arte: antichi macchinari, strumenti per il conio, sculture e installazioni caratterizzano questa esposizione eccezionale. ​
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la puglia ed il salento sono sempre più presenti nel mondo del teatro. grazie a persone eccezionali.

22/3/2018

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E' motivo d'orgoglio vedere il Salento così fortemente rappresentanto nel mondo internazionale del Teatro: il regista salentino Fabio Tolledi è stato nominato, nel Luglio scorso, vicepresidente dell'International Theatre Institute dell'Unesco. 
Tolledi è il direttore artistico di Astràgali Teatro ed è stato nominato assieme al consiglio esecutivo, composto da 13 membri, dagli oltre cinquecento delegati provenienti da circa 70 paesi e riunitisi  a Segovia, in Spagna, in occasione del Congresso mondiale di quella che è la più grande e importante organizzazione internazionale per le arti dello spettacolo.
Assieme a Tolledin sono stati confermati il segretario generale Tobias Biancone e il presidente Mohamed Saif Al-Afkham.
Per Tolledi, presidente del Centro Italiano dell’ITI, già membro del consiglio esecutivo e coordinatore della rete europea, quello della vicepresidenza è un nuovo importante e prestigioso incarico.
Il Congresso ha ospitato un fitto programma di workshop, presentazioni, incontri, spettacoli coinvolgendo centinaia di artisti, educatori e formatori, ambasciatori del teatro, dirigenti dell’UNESCO, dell’ONU e di altre istituzioni. Durante il Congresso si sono svolti anche il Festival delle Università e delle Accademie di teatro e l’International Dance Symposium, per rafforzare ulteriormente la presenza della danza all’interno dell’ITI. Tra le ospiti, infatti, Alicia Alonso, novantaseienne coreografa cubana, leggenda vivente della danza, e Cristina Hoyos, tra le massime interpreti del flamenco.
A Segovia, Tolledi ha presieduto il consiglio dei centri europei presenti con ventidue delegazioni e il network “Theatre in Conflict Zones” (del quale è segretario) che ha presentato all’Assemblea generale due campagne di comunicazione: il passaporto dell’artista e No Visa for Artists. Tra le tante iniziative il Congresso ha inoltre avviato una campagna di sostegno all’azione di censura in Israele nei confronti dello spettacolo “Prisoners of Occupation” della regista Einat Weizman. Nel 2018 saranno realizzate molte iniziative per il settantesimo anniversario dell’Unesco e dell’ITI, che avrà il suo culmine nelle celebrazioni previste la prossima estate ad Hanan City in Vietnam, nell’ambito delle quali ITI Italia e Astràgali Teatro proporranno un progetto speciale.
Fondata nel 1948 a Praga, da esperti di teatro e danza dell’UNESCO, l’International Theatre Institute, unica organizzazione non governativa, operante in ambito culturale, in relazioni formali con l’UNESCO, è presente con Centri Nazionali in circa 100 Paesi, ed ha come obiettivo lo sviluppo di pratiche di cooperazione tra artisti e istituzioni teatrali a livello internazionale, per consolidare collaborazioni tra operatori culturali di tutto il mondo e favorire il dialogo interculturale. Mission primarie dell’ITI sono la promozione della pace attraverso l’arte, il sostegno dell’innovazione nelle arti performative, la valorizzazione delle diversità culturali, il rispetto dei diritti umani nel campo delle arti dello spettacolo. Tra i membri del Centro Italiano ITI ci sono l’Accademia Amiata Mutamenti (Grosseto), Teatro Vascello (Roma), Astràgali Teatro (Lecce), La Mama Umbria (Spoleto), Associazione Aenigma (Pesaro) insieme a singoli artisti e ricercatori. Tra le più note iniziative promosse a livello mondiale dall’International Theatre Institute figurano la Giornata Mondiale del Teatro (27 marzo), l’International Dance Day (29 aprile), il Theatre of Nations, dove si sono esibiti per la prima volta in Occidente, dopo la seconda Guerra mondiale, l’Opera di Pechino, il Berliner Ensemble, il Teatro Kabuki, il Teatro d’Arte di Mosca.
Tra gli autori del messaggio della Giornata Mondiale del Teatro e tra i presidenti ITI si ricordano Jean Cocteau, Arthur Miller, Luchino Visconti, Eugène Ionesco, Wole Soyinka, Peter Brook, Ariane Mnouchkine, Isabelle Huppert per citare solo alcuni di una lunghissima lista. Oltre a Tolledi, l’Italia è stata rappresentata al Congresso Mondiale anche da Roberta Quarta (Astràgali Teatro), Vito Minoia (Aenigma Teatro), che ha tenuto un incontro molto partecipato, dedicato al Teatro in Carcere, e Gherardo Vitali Rosati (La Mama Umbria), che ha presentato la seconda edizione del premio teatrale internazionale Ellen Stewart.

Astragali
 nasce nel 1981 a Lecce per fare teatro, per formare attori, per dare vita ad uno spazio di circolazione dei discorsi e delle pratiche, per elaborare progettualità, per tessere trame e relazioni.
Dal 1985 è riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come compagnia teatrale d’innovazione.
Dal 2012 è sede del Centro Italiano dell’International Theatre Institute dell’Unesco.

È membro della Anna Lindh Euro-Mediterranean Foundation for the Dialogue between Cultures. Ha realizzato progetti artistici, spettacoli, attività in circa 30 paesi in tutto il mondo.


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Teatro internazionale del teatro. il commento di were were liking

22/3/2018

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Il messaggio di Were Were Liking, Costa d’Avorio
Artista multidisciplinare   
​
Un giorno,
un essere umano decise di porsi delle domande davanti a uno specchio (un pubblico),
di inventarsi delle risposte e, di fronte allo stesso specchio, (il suo pubblico)
di fare autocritica, di prendere in giro le sue stesse domande e risposte,
di riderne e di piangerne, comunque, e alla fine,
di salutare e benedire il suo specchio (il suo Pubblico),
per avergli dato questo momento di dispetto e tregua,
allora s’inchina e lo ringrazia per mostrargli gratitudine e rispetto …
Nel profondo, era alla ricerca di pace:
pace con se stesso e con il suo specchio.
Stava facendo teatro …
Quel giorno, parlava …
disprezzando i suoi punti deboli, le sue contraddizioni e le sue deformazioni,
condannando, attraverso mimica e contorsioni,
le sue meschinerie, che hanno infangato la sua umanità,
i suoi inganni, che avevano portato cataclismi.
Parlava a se stesso …
ammirandosi nei suoi scatti crescenti,
nelle sue aspirazioni alla grandezza, alla bellezza,
ad un essere migliore, ad un mondo migliore,
che avrebbe costruito con i propri pensieri,
che avrebbe potuto forgiare con le proprie mani,
Se lui, insieme al suo riflesso nello specchio, lo avesse voluto, disse a se stesso,
Se lui e il suo specchio ne condividessero il desiderio …
Ma lui lo sa: stava facendo una Rappresentazione
una derisione, senza dubbio, un’illusione,
ma anche, certamente, un’azione mentale,
una costruzione, una ri-creazione del mondo:
stava facendo teatro …
Anche se sabotava tutte le speranze
attraverso le sue parole e i suoi gesti accusatori,
era deciso a credere
che tutto si sarebbe compiuto in una sola sera
con i suoi sguardi folli,
con le sue parole dolci,
con i suoi sorrisi maliziosi,
con il suo buon umore,
con le sue parole che, offensive o cullanti,
avrebbero compiuto l’intervento chirurgico per miracolo.
Sì, stava facendo teatro.
E, in generale,
da noi in Africa,
specialmente nella zona del Kamite da cui provengo,
prendiamo in giro tutto anche noi stessi:
ridiamo anche nel lutto quando piangiamo,
battiamo la terra, quando ci fa arrabbiare,
con il Gbégbé o il Bikoutsi
intagliamo Maschere paurose,
Glaé , Wabele o Poniugo ,
per dare forma ai Principi Assoluti
che ci impongono la ciclicità e i tempi.
E i burattini, che, come noi,
finiscono per plasmare i loro creatori e,
soggiogare i loro manipolatori.
Concepiamo dei rituali in cui la parola,
ritmicamente cadenzata da canzoni e respiri,
avanza alla conquista del sacro,
incitando danze come fossero trance,
incantesimi e richiami alla devozione,
ma anche, e soprattutto, scoppi di risate
per celebrare la gioia di vivere
che nemmeno secoli di schiavitù e colonizzazioni,
di razzismo e discriminazioni,
né eternità di indicibili atrocità
hanno potuto soffocare o schiacciare.
Dalla nostra anima di Padre e Madre dell’Umanità,
in Africa, come in qualsiasi parte del mondo,
facciamo teatro …
E in quest’anno speciale dedicato all’ITI (Organizzazione Mondiale per le Arti Performative),
sono particolarmente felice ed onorata
di rappresentare il nostro continente
1 Kamite, abitante di Kamita, la “Terra dei Neri”, lett. “Africa”. Il termine Kamite si riferisce anche a tutti i nativi e ai loro discendenti sparpagliatisi per il mondo nelle diaspore, oltre ai praticanti della religione originaria di questa regione.
2 Gbégbé, danza tradizionale della Regione Bété, in Costa d’Avorio, usata nelle manifestazioni pubbliche di giubilo o di cordoglio.
3 Bikoutsi, termine composto da a) Kout: “colpo” e b) Si, che identifica la Terra. Una danza Fan Beti originaria del Camerun meridionale, inizialmente praticata dalle donne per garantirsi le benedizioni da parte della Madre Terra (buoni raccolti, migliori condizioni meteo, ecc.) e durante la quale era necessario colpire vigorosamente il suolo affinché prestasse ascolto. Oggi, è stata recuperata dai giovani dell’intera regione e oltre, grazie a molte star internazionali.
4 Glaé, sistema religioso delle popolazioni Wè e Wobè, originarie della zona occidentale della Costa d’Avorio, basate sulle “Maschere”. Un’intera gerarchia di maschere, dall’aspetto spesso terrificante, funge da fondamento a tutte le credenze e le organizzazioni sociali di queste popolazioni.
5 Wabele, una delle maschere del sistema religioso Senufo, originario della parte settentrionale della Costa d’Avorio. Con la testa di iena mangiafuoco, rappresenta la conoscenza e il potere.
6 Poniugo, altra maschera del sistema religioso Senufo, basato sulla Poro, il rito d’iniziazione nel cuore dei boschi sacri e che governa tutta la loro società.
per portare il suo messaggio di pace
Il Messaggio di Pace del Teatro;
perché questo continente, di cui non molto tempo fa
fu detto che il mondo poteva farne a meno,
senza che nessuno avvertisse malessere o mancanza,
è stato di nuovo riconosciuto nel suo ruolo primordiale
di Padre e Madre dell’Umanità
e il mondo intero ci si sta riversando …
Perché tutti sperano sempre di trovare la pace
nelle braccia dei propri genitori, non è vero?
E come tale, il nostro teatro più che mai, riunisce
e impegna tutti gli umani, specialmente
tutti coloro che condividono il pensiero, la parola e l’azione teatrale,
ad avere maggiore rispetto per se stessi e per gli altri,
favorendo i migliori valori umanistici,
nella speranza di riconquistare una migliore umanità in ciascuno:
quella che fa rinascere intelligenza e comprensione,
attraverso questa parte delle culture umane, tra le più efficaci,
quella che cancella tutti i confini: il teatro …
Una delle più generose, perché parla tutte le lingue,
coinvolge tutte le civiltà, riflette tutti gli ideali
ed esprime una profonda unità di tutti gli uomini che,
nonostante tutte le contrapposizioni,
cercano soprattutto di conoscersi meglio
e di amarsi meglio, in pace e in tranquillità
quando la rappresentazione diventa partecipazione,
ricordandoci il dovere di un’azione che ci impone
il potere del teatro di far ridere e piangere tutti, insieme,
diminuendo la loro ignoranza, aumentando la loro conoscenza,
affinché l’uomo torni ad essere la più grande ricchezza dell’uomo.
Il nostro teatro si propone, essenzialmente, di riesaminare e rivalutare
tutti questi principi umanistici, tutte queste grandi virtù,
tutte queste idee di pace e amicizia tra i popoli,
così tanto sostenute dall’UNESCO,
per reincarnarle nelle scene che creiamo oggi,
in modo tale che queste stesse idee e questi stessi principi diventino un bisogno essenziale
e un pensiero profondo, prima di tutto, dei creatori di teatro,
che potranno così condividerli meglio con il loro pubblico.
Ecco perché la nostra ultima creazione teatrale, intitolata “L’Arbre Dieu”, ripetendo i consigli di
Kindack1 Ngo Biyong Bi Kuban2, nostra Maestra, dice:
“Dio è come un Grande Albero”
7 Kindack; lett. “Signora dei Consigli”, titolo conferito alle Matriarche, donne che hanno raggiunto un livello di saggezza attraverso l’iniziazione a Mbock o a Mbog, sistemi religiosi della Regione Bassa, nel Camerun centrale, e che corrisponde al titolo di Mbombock, riservato agli uomini.
8 Kuban; ragazza di Biyong, figlio di Kuban. Questo è il nome di mia nonna, una delle ultime detentrici della conoscenza “KI-Yi Mbock”, da cui ho ricevuto l’incarico di trasmissione per il quale ho lavorato duramente per oltre tre decenni.
di cui si riesce a percepire un solo aspetto alla volta,
in base all’angolo da cui viene osservato:
chiunque sorvoli l’albero, percepirà soltanto il fogliame
gli eventuali frutti o fiori stagionali;
chiunque viva nel sottosuolo, ne saprà di più delle sue radici;
quelli che vi si appoggeranno all’albero lo riconosceranno,
sentendolo dietro la schiena;
quelli provenienti da qualsiasi punto cardinale,
vedranno aspetti che quelli che sono dall’altra parte non necessariamente vedranno;
alcuni, quelli privilegiati, percepiranno il segreto
tra la corteccia e la polpa del legno;
ed altri ancora, la scienza intima custodita nel midollo dell’albero;
ma, qualunque sia la superficialità
o la profondità della percezione di ciascuno,
nessuno sarà mai posizionato in un’angolazione dalla quale
sia possibile percepire tutti questi aspetti nello stesso tempo,
a meno che non ci si trasformi in questo stesso albero divino!
Ma allora, siamo ancora umani?
Che tutti i teatri del mondo si tollerino e accettino reciprocamente,
per meglio servire lo scopo globale dell’ITI,
affinché, in questo suo 70° anniversario,
ci sia più Pace nel mondo
con una forte partecipazione del Teatro …
Were Were Liking   
Traduzione a cura del Centro Italiano dell’International Theatre Institute. La Giornata Mondiale del Teatro è un’iniziativa promossa, dal 1962, dall’International Theatre Institute Worldwide.  
https://itiitaliancentre.wordpress.com​
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Sabina berman commenta la giornata internazionale del teatro

22/3/2018

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Il messaggio di Sabina Berman, Messico
Scrittrice, drammaturga e giornalista   ​
Possiamo immaginare.
La tribù lancia piccoli sassi per abbattere uccelli in aria, quando un mammut gigante irrompe sulla scena e RUGGISCE; e allo stesso tempo, un piccolo essere umano RUGGISCE come il mammut. Allora, tutti fuggono via …
Quel ruggito di mammut emesso da una donna umana (mi piacerebbe immaginarla come una donna) rappresenta l’origine di quello che ci rende la specie che siamo. Una specie capace di imitare ciò che non siamo, di rappresentare l’Altro.
Facciamo un salto in avanti di dieci, cento o mille anni. La tribù ha imparato ad imitare altri esseri: nella profondità della caverna, nella luce tremolante di un falò, quattro uomini sono i mammut, tre donne sono il fiume, uomini e donne sono uccelli, bonobi, alberi e nuvole; la tribù rappresenta la caccia mattutina, catturando il passato con il loro dono teatrale. Ancora più sorprendente: la tribù inventa, quindi, possibili futuri, provando possibili modi di sconfiggere il mammut, il nemico della tribù.
Ruggiti, fischi, mormorii (l’onomatopea del nostro primo teatro) diventeranno linguaggio verbale. La lingua parlata diventerà lingua scritta. Lungo un altro percorso, il teatro diventerà rito e, successivamente, cinema.
Ma, accanto a queste ultime forme, e nel seme di ciascuna di esse, continuerà ad esserci sempre il teatro. La forma più semplice di rappresentazione. L’unica forma vivente di rappresentazione.
Teatro: quanto più semplice è, tanto più intimamente ci connette alla più sorprendente capacità umana, quella di rappresentare l’Altro.
Oggi, in tutti i teatri del mondo, celebriamo la straordinaria capacità umana della performance, quella capacità di rappresentare e, di conseguenza, catturare il nostro passato (e di inventare possibili scenari futuri, portando alla tribù maggiore libertà e felicità).
Quali sono i mammut che, attualmente, la tribù umana dovrebbe sconfiggere? Quali sono i suoi nemici contemporanei? Cosa dovrebbe trattare quel teatro che aspiri ad essere qualcosa di più di un semplice intrattenimento?
Ritengo che il mammut più grande di tutti sia l’alienazione dei cuori umani. La perdita della nostra capacità di sentire gli Altri, di sentire compassione per gli altri esseri umani come noi e per le altre forme di vita come noi, anche se non sono umane.
Che paradosso. Oggi, all’ultima spiaggia dell’Umanesimo (dell’Antropocene), dell’era in cui gli esseri umani sono la forza naturale che ha maggiormente cambiato il pianeta e che continuerà a farlo, la missione del teatro, secondo il mio punto di vista, rappresenta l’opposto di ciò che aveva riunito la tribù quando il teatro veniva interpretato in una caverna: oggi, dobbiamo recuperare la nostra connessione con il mondo naturale.
Più della letteratura e più del cinema, il teatro, che richiede la presenza di esseri umani davanti ad altri esseri umani, è incredibilmente capace di salvarci dal diventare algoritmi o pure astrazioni.
Rimuoviamo dal teatro tutto ciò che è superfluo. Spogliamolo. Perché quanto più semplice è il teatro, tanto più può ricordarci dell’unica cosa innegabile: che noi siamo, finché siamo ancora in tempo, che siamo soltanto finché siamo carne ed ossa e cuori che battono nei nostri petti, che siamo qui e adesso, e nulla più.
Lunga vita al teatro, la più antica delle arti. L’arte di essere nel presente; la più straordinaria delle arti. Lunga vita al teatro.
Sabina Berman   
Traduzione a cura del Centro Italiano dell’International Theatre Institute. La Giornata Mondiale del Teatro è un’iniziativa promossa, dal 1962, dall’International Theatre Institute Worldwide. 
https://itiitaliancentre.wordpress.com​  
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Giornata internazionale del Teatro. il commento di maya zbib

22/3/2018

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Il messaggio di Maya Zbib, Libano
Regista, attrice, scrittrice teatrale e co-fondatrice della Compagnia di Teatro Zoukak   
Si tratta di un momento di comunione, un incontro irripetibile, non riscontrabile in nessun’altra attività laica. Si tratta del semplice atto di un gruppo di persone, che sceglie di riunirsi nello stesso luogo e allo stesso orario per prendere parte ad un’esperienza di condivisione. Si tratta di un invito, per gli individui, a trasformarsi in un insieme, per condividere idee e concepire modi di dividere il peso di azioni necessarie … e recuperare lentamente la loro connessione umana, trovando somiglianze, piuttosto che differenze. È il luogo dove una determinata storia riesce a tracciare le linee dell’universalità … È qui che risiede la magia del teatro, dove la rappresentazione recupera le sue proprietà arcaiche.
In una cultura globale di paura incontrollata del prossimo, di isolamento e di solitudine, stare insieme, in maniera viscerale, in un “qui” e in un “ora”, costituisce un atto d’amore. Decidere di prendersi del tempo (lontano dalla gratificazione immediata e dell’auto-indulgenza individuale nelle nostre società consumistiche ad alto ritmo), rallentare, contemplare e riflettere insieme è un atto politico, un atto di generosità.
Dopo il crollo delle principali ideologie, e poiché l’attuale ordine mondiale sta dimostrando il proprio fallimento, decennio dopo decennio, come possiamo re-immaginare il nostro futuro? Dato che la sicurezza e la comodità costituiscono la preoccupazione principale e la priorità nelle dissertazioni predominanti, riusciamo ancora ad impegnarci in conversazioni scomode? Riusciamo ad andare verso territori pericolosi, senza la paura di perdere i nostri privilegi?
Oggi, la velocità delle informazioni è più importante della conoscenza, gli slogan hanno più valore delle parole e le immagini dei corpi sono più stimate della loro viva presenza. Il teatro è qui per ricordarci che siamo fatti di carne e sangue, e che i nostri corpi hanno un peso; è qui per risvegliare tutti i nostri sensi, e per dirci che non abbiamo bisogno di cogliere l’attimo e di consumarci solo con il nostro sguardo. Il teatro è qui per restituire alle parole potere e significato, per rubare di nuovo ai politici l’arte oratoria e ricollocarla nel suo luogo legittimo … l’arena delle idee e del dibattito, spazio di visione collettiva.
Attraverso il potere della narrazione e dell’immaginazione, il teatro ci consente nuovi modi di vedere il mondo e gli altri, aprendo un spazio per la riflessione comune in mezzo alla schiacciante ignoranza dell’intolleranza.
Quando xenofobia, discorsi di odio e supremazia bianca sono ritornati sul tavolo senza sforzi, dopo anni di duro lavoro e sacrifici da parte di milioni di persone in tutto il mondo, per rendere questi concetti vergognosi e qualificarli come inaccettabili … quando ragazze e ragazzi vengono sparati e incarcerati per aver rifiutato di assecondare le ingiustizie e la segregazione razziale … quando personaggi folli e il dispotismo di estrema destra governano alcuni dei principali paesi del primo mondo … quando la guerra nucleare incombe come un gioco virtuale tra gli “uomini-bambini” del potere … quando la mobilità diventa sempre più ristretta ad una minoranza selezionata, mentre i rifugiati muoiono in mare, cercando di entrare nelle alte fortezze dei sogni illusori, mentre vengono costruiti muri sempre più costosi … dove dovremmo mettere in discussione il nostro mondo, quando la maggior parte dei media sono venduti? Dove se non nell’intimità del teatro, siamo capaci di ripensare alla nostra condizione umana, per immaginare un nuovo ordine mondiale … in maniera collettiva, con amore e compassione, ma anche attraverso un confronto costruttivo, attraverso intelligenza, resilienza e vitalità.
Provenendo dalla regione araba, potrei parlare delle difficoltà che i produttori di teatro affrontano nel fare il proprio lavoro. Tuttavia, faccio parte di una generazione di produttori che si sente privilegiata per il fatto che i muri che dobbiamo distruggere sono sempre stati quelli visibili. Questa situazione ci ha portato ad imparare a trasformare ciò che è a disposizione, spingendo la collaborazione e l’innovazione oltre i limiti, facendo teatro nei sotterranei, sui tetti, nei salotti, nei vicoli e per le strade, creando il nostro pubblico in itinere, nelle città, nei villaggi e nei campi per i rifugiati. Abbiamo avuto il vantaggio di dover costruire qualsiasi cosa da zero nei nostri contesti e di concepire modi per evadere la censura, sempre oltrepassando le linee rosse e sfidando i tabù. Oggi, questi muri sono di fronte a tutti i produttori di teatro nel mondo, poiché i sovvenzionamenti non sono mai stati così scarsi e il “politicamente corretto” costituisce la nuova censura.
Di conseguenza, la comunità teatrale internazionale deve svolgere un ruolo collettivo, oggi più che mai, per fronteggiare questi muri, tangibili e intangibili, che continuano a moltiplicarsi. Oggi più che mai, c’è bisogno di reinventare creativamente le nostre strutture politiche e sociali, con coraggio ed onestà, per affrontare le nostre inadeguatezze e per prenderci le responsabilità del mondo che stiamo contribuendo a costruire.
In qualità di produttori di teatro del mondo, non seguiamo un’ideologia o un sistema di credenze, ma abbiamo in comune la nostra eterna ricerca della verità in tutte le sue forme, la nostra ininterrotta messa in discussione dello status quo, la nostra sfida ai sistemi di potere oppressivi e, ultima ma non meno importante, la nostra integrità umana.
Siamo tanti, non abbiamo paura e siamo qui per restare!
Maya Zbib   
Traduzione a cura del Centro Italiano dell’International Theatre Institute. La Giornata Mondiale del Teatro è un’iniziativa promossa, dal 1962, dall’International Theatre Institute Worldwide.
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Giornata Nazionale del teatro. La voce di Ram Gopal Bajaj

22/3/2018

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Il messaggio di Ram Gopal Bajaj, India
Registra teatrale, attore teatrale e cinematografico, accademico, precedentemente direttore della Scuola Nazionale di Arte Drammatica di Delhi.   ​
In breve, dopo tutte le storie evoluzionistiche, sappiamo soltanto una cosa, e cioè che tutte le forme di vita tendono a sopravvivere fino all’eternità. Se possibile, la vita tende a diffondersi oltre il tempo e lo spazio per diventare immortale. Inoltre, in questo processo, la forma di vita si mutila e si distrugge a livello universale. Tuttavia, dobbiamo limitare questa considerazione alla sopravvivenza dell’umanità e alla sua emancipazione dal cacciatore dell’Età della Pietra alla nostra Età dello Spazio. Siamo più rispettosi adesso? Più sensibili? Più gioiosi? Siamo più amorevoli nei confronti della natura di cui siamo un prodotto?
Sin dai nostri esordi, le arti performative (Danza, Musica, Teatro/Recitazione) hanno sviluppato anche lo strumento della lingua, fatta di vocali e consonanti. La vocale esprime, essenzialmente, i sentimenti o le emozioni, mentre la consonante effettua la comunicazione della forma e del pensiero/conoscenza. La matematica, la geometria, gli armamenti e, adesso, i computer ne sono il risultato. Pertanto, non possiamo tornare indietro da questa evoluzione della lingua. La Terra stessa non sopravvivrà, se la gioia collettiva delle arti teatrali e della conoscenza (che include la tecnologia) non sarà emancipata, ri-sublimata dal mondano, dalla furia, dalla cupidigia e dal male.
I mezzi di comunicazione di massa, così come la scienza e la tecnologia, ci hanno resi potenti come demoni: di conseguenza, la forma di teatro non è la crisi odierna, ma è la crisi di contenuti, di comunicazione e d’interesse. Dobbiamo fare appello all’uomo della Terra di oggi per salvare il vero pianeta terra e, quindi, il “teatro”. A un livello pragmatico, le arti dell’attore e quelle delle performance dovrebbero essere proposte ai bambini a partire dall’educazione primaria. Ritengo che tale generazione sarà più sensibile alla giustizia della vita e della natura. Il vantaggio della lingua potrà così essere molto meno dannoso alla Madre Terra e agli altri pianeti. Inoltre, il “teatro” diventerà più importante per la conservazione e il nutrimento della vita stessa, e per questo ha bisogno di incaricare il performer e lo spettatore, senza rappresentare una minaccia l’uno per l’altro in questa era cosmica di solidarietà.
Saluto il teatro e faccio un appello al mondo, affinché lo realizzi e lo sostenga dalla base della comunità, rurale e urbana tutta. “Arti, Lingua e Compassione insieme nell’Educazione per le Generazioni”.
Ram Gopal Bajaj
Traduzione a cura del Centro Italiano dell’International Theatre Institute. La Giornata Mondiale del Teatro è un’iniziativa promossa, dal 1962, dall’International Theatre Institute Worldwide.
https://itiitaliancentre.wordpress.com​
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ci avviciniamo alla giornata internazionale del teatro

22/3/2018

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Questo il messaggio di Symon McBurney, Regno Unito
Attore, scrittore, regista e co-fondatore del Théâtre de Complicité   ​
A mezzo miglio dalla costa della Cirenaica, nel nord della Libia, si trova un vasto anfratto roccioso, di 80 metri di larghezza e 20 di altezza. Nel dialetto locale è chiamato Hauh Fteah. Nel 1951 l’analisi della datazione al carbonio ha mostrato un’occupazione umana ininterrotta da almeno 100.000 anni. Tra i reperti venne alla luce un flauto osseo databile tra i 40 e i 70.000 anni fa. Da ragazzo, sentita questa notizia, chiesi a mio padre: “Avevano musica?”
Mi sorrise: “Come tutte le comunità umane.”
Mio padre era uno studioso della preistoria nato in America. Il primo a scavare il sito di Hauh Fteah in Cirenaica.
Sono molto onorato e felice di essere il rappresentante europeo della Giornata Mondiale del Teatro di quest’anno.
Nel 1963, il mio predecessore, il grande Arthur Miller disse che la minaccia della guerra nucleare gravava pesantemente sul mondo: “Mi è stato chiesto di scrivere in un’epoca in cui la diplomazia e la politica hanno braccia terribilmente corte e deboli; la portata fragile, ma allo stesso tempo, lunga dell’arte deve sopportare il peso di tenere insieme la comunità umana “.
Il significato della parola Dramma deriva dal greco “dran” che significa “fare” … e la parola teatro ha origine dal greco “Theatron”, che letteralmente significa “luogo della visione”. Un luogo non solo dove guardiamo, ma dove vediamo, riceviamo, capiamo. 2400 anni fa Policleto il Giovane progettò il grande teatro di Epidauro. Poteva accogliere fino a 14.000 persone. L’acustica di questo spazio all’aperto è miracolosa. Un fiammifero acceso al centro della scena può essere sentito in tutti i 14.000 posti. Come in tutti i teatri greci, quando si guardavano gli attori, si vedeva anche il paesaggio oltre. Così non solo si combinavano più luoghi contemporaneamente, la comunità, il teatro e il mondo naturale, ma si riunivano anche tutti i tempi. Poiché lo spettacolo evocava i miti del passato nel tempo presente, si poteva guardare oltre il palco quello che sarebbe stato il proprio futuro ultimo. La natura.
Una delle rivelazioni più notevoli nella ricostruzione del Globe Theatre di Shakespeare a Londra è legata alla visione. Questa rivelazione riguarda la luce. Sia il palco che la platea sono illuminati allo stesso modo. Artisti e pubblico possono vedersi. Sempre. Ovunque si guardi ci sono le persone. E una delle conseguenze è che ci viene ricordato che i grandi soliloqui di Amleto o Macbeth, non erano solo meditazioni private, ma dibattiti pubblici.
Viviamo in un’epoca in cui è difficile vedere chiaramente. Siamo circondati da più finzioni che in qualsiasi altro momento della storia o della preistoria. Qualsiasi “fatto” può essere messo in discussione, qualsiasi aneddoto può presentarsi alla nostra attenzione come “verità”. Una finzione in particolare ci circonda continuamente. Quella che cerca di dividerci. Dalla verità. Gli uni dagli altri. E che dice che siamo separati. I popoli dalle persone. Le donne dagli uomini. Gli esseri umani dalla natura.
Ma proprio mentre viviamo in un periodo di divisione e frammentazione, viviamo anche in un tempo di immenso movimento. Più che in qualsiasi altro momento della storia, le persone sono in movimento; spesso in fuga; a piedi, a nuoto se necessario, migrando; in tutto il mondo. E questo è solo l’inizio. La risposta, come sappiamo, è stata quella di chiudere i confini. Di costruire muri. Di chiudersi. Di isolarsi. Viviamo in un ordine mondiale tirannico, in cui l’indifferenza è la moneta corrente e la speranza è una merce di contrabbando. Parte di questa tirannia consiste nel controllo non solo dello spazio, ma anche del tempo. Il tempo in cui viviamo evita il presente. Si concentra sul passato recente e sul futuro prossimo. Quello non ce l’ho. Comprerò questo. Ora l’ho comprato, ho bisogno di avere la prossima … cosa. Il passato profondo è cancellato. Il futuro è senza conseguenze.
Molti dicono che il teatro non cambierà o non può cambiare nulla di tutto questo. Ma il teatro non se ne andrà via. Perché il teatro è un luogo, sarei tentato di dire un rifugio. Dove le persone si incontrano e formano istantaneamente una comunità. Come abbiamo sempre fatto. Tutti i teatri hanno la misura delle prime comunità umane, da 50 a 14.000 anime. Da una carovana nomade a un terzo dell’antica Atene.
E poiché il teatro esiste solo nel presente, esso si oppone a questa disastrosa visione del tempo. Il presente è sempre l’oggetto del teatro. I suoi significati sono costruiti in un atto comunitario tra performer e pubblico. Non solo qui, ma ora. Senza l’atto del performer il pubblico non potrebbe credere. Senza la fiducia del pubblico, la performance non sarebbe completa. Ridiamo nello stesso momento. Siamo commossi. Rimaniamo senza fiato o restiamo scioccati nel silenzio. E in quel momento attraverso il dramma scopriamo una verità più profonda: che ciò che consideravamo la divisione più privata tra noi, il confine della nostra coscienza individuale, è anche senza frontiere. È qualcosa che noi condividiamo.
E non ci possono fermare. Ogni sera riappariremo. Ogni sera gli attori e il pubblico si troveranno assieme. E lo stesso dramma verrà rimesso in scena. Perché, come afferma lo scrittore John Berger: “Nella profonda natura del teatro c’è il senso del ritorno rituale”. Questo è il motivo per cui il teatro è sempre stato la forma d’arte dei diseredati. Diseredati che, a causa dello smantellamento del nostro mondo, noi tutti siamo. Ovunque ci siano artisti e spettatori, verranno messe in scena storie che non possono essere raccontate da nessun’altra parte: nei teatri d’opera e nei teatri delle grandi città, nei campi che ospitano migranti e rifugiati nel nord della Libia e in tutto il mondo. Saremo sempre uniti, insieme, in questa rievocazione.

E se fossimo a Epidauro potremmo guardare e vedere come condividiamo tutto questo con un paesaggio più ampio. Come siamo sempre parte della natura e non possiamo sfuggirle, proprio come non possiamo sfuggire al pianeta. Se fossimo al Globe, vedremmo come, domande apparentemente private, siano rivolte a tutti noi. E se dovessimo tenere in mano quel flauto cirenaico di 40.000 anni fa, capiremmo che il passato e il presente qui sono indivisibili, e che la catena della comunità umana non può mai essere spezzata dai tiranni e dai demagoghi.
Symon McBurney
Fonte: 
https://itiitaliancentre.wordpress.com 
Traduzione: Roberta Quarta - Centro Italiano dell’International Theatre Institute
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quadratura dello spazio scenico

16/3/2018

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L'inquadratura o quadratura della scena viene eseguita con il posizionamento della muta di scena, ovvero delle Quinte o teletta, dei Cielini o arie o soffitti e del Fondale, ovvero di tutti gli elementi scenici che occorrono per traguardare (delimitare) su tre pareti (lati) lo spazio scenico, lasciando apribile (o aperta) la quarta parete, rappresentata dall'area di comunicazione visiva con il pubblico. 
La scatola scenica si presenta quindi chiusa sul lato di fondo dal fondale e sul pavimento dal palco in legno, mentre viene ad essere delimitata su due lati dalle quinte, che determinano lo spazio utile (e visibile) sui lati e dal cielo che lo delimita in altezza. Il fondale chiude lo spazio retrostante. Il colore utilizzato per questi elementi è quasi sempre nero, tant'è che si parla di Scatola Nera. Le prime due quinte (destra e sinistra), dette quinte di boccascena (alle volte anche "quinte nobili"), posizionate tra il sipario e l'arlecchino sono realizzate in velluto raccolto sui lati. In taluni teatri è lo stesso sipario, raccolto sui lati, a fungere da prima quinta. 
Le quinte vengono posizionate simmetricamente in uno o più ordini a seconda della grandezza del palcoscenico e delle esigenze sceniche; quasi sempre ad ogni coppia di quinte corrisponde un cieletto (o cielo o aria o soffitto). L'ultimo ordine viene chiusto dal telo di fondo o fondale. 
Foto
Oltre alla funzione di mascherare quel che c'è dietro, la muta di scena è utilizzata per esigenze scenografiche e di gestione delle luci e serve ad impedire la visione dei muri del teatro, degli spazi di lavoro e di altri elementi di "disturbo" che si possono trovare nel retroscenna: dietro le quinte, infatti, c'è sempre un gran fermento: macchinisti, fonici, costumisti e sarte, personale addetto alla sicurezza. 
Anche per questa ragione i migliori tessuti utilizzati sono coprenti e fonoassorbenti. 
ItalteatriOpera propone, allo scopo, il proprio tessuto  Ignitauro 200 cs Molton , proposto nei colori Nero Otello, Bianco Nabucco e Rosso Tosca, o in alternativa, per piccoli teatri, il tessuto Quintessuto, utilizzato per svariate esigenze d'arredo e scenografiche e proposto in 9 colori. Di particolare pregio, inoltre, è la realizzazione di quadrature interamente in velluto fonoassorbente e con, con una corretta angolazione del pelo, ad alta capacità di assorbire la luce.

Ulteriori approfondimenti di scenotecnica potete trovarli in questo
COMPENDIO della Professoressa di Maria Adele Cipolla. Se, invece, qualche parola non ti è chiara consulta il nostro Glossario Teatrale.

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